4 dicembre 2021 – Serianni e la schwa prevaricante
Luca Serianni, linguista, lessicografo e accademico della Crusca, torna a parlare di schwa su Il Dubbio.
Già Serianni aveva avuto modo di parlare contro l’italiano inclusivo ad agosto scorso, e ne avevamo parlato qui. Già allora avevamo avuto modo di disconfermare le sue affermazioni, assolutamente senza basi fattuali. Quel che più fa stupore è che, a quattro mesi di distanza, Serianni insista con una delle critiche meno fondate, e che è allucinante sentire da parte di una persona che tanta dimestichezza dovrebbe avere con queste questioni.
Allora aveva avuto modo di dire:
La proposta è destinata a non avere futuro anche per un’altra ragione: i segni grafici di cui parliamo non hanno un corrispettivo nel parlato. E qualunque lingua è in primo luogo una lingua parlata. Lo schwa che resa può avere? Nessuna.
Lo ribadisce anche oggi su Il Dubbio:
[…] le proposte che sono state fatte, l’asterisco e lo schwa, sono proposte puramente velleitarie perché riguardano semmai la lingua scritta e non quella orale.
Ora, come chiunque abbia a cuore la questione dell’italiano inclusivo sa, il motivo per cui è nata la nostra proposta e, forse, il motivo per cui sta avendo tanto successo e diffusione rispetto ad alcune delle alternative precedenti, quale l’uso dell’asterisco, è proprio che è, invece, una proposta che copre sia le esigenze comunicative scritte che quelle parlate. La schwa è una vocale a pieno titolo, una delle più diffuse in molte lingue, e la comunicazione che la include è pienamente funzionale.
Stupisce quindi che persone di tanto lignaggio accademico non riescano a trovare critiche più fondate alla nostra proposta. Che sia perché non ne esistono? Ma forse farebbero miglior figura, allora, a non fare affermazioni tanto campate in aria.
Una critica aggiuntiva, però, in quest’articolo, Serianni la fa. A suo dire, nelle proposte per una maggior inclusività della lingua,
Mi pare che ci sia una componente ideologica un po’ prevaricante.
Ora, crediamo sia palese che quella per una lingua più inclusiva sia anche e soprattutto una battaglia per l’ottenimento di un diritto: quello di poter esser nominatɜ paritariamente a prescindere dall’appartenenza ad un genere culturalmente meno privilegiato – quando si parla di indirizzare gruppi misti – o proprio di poter essere nominatɜ in generale – quando si parla di identità non binarie.
Se una prevaricazione c’è, quindi, è chiaro che non può essere che quella di chi, detentore di un privilegio, vuol impedire alle categorie oppresse di aspirare a una parità.
Immagine: CC BY-NC-SA 2.0 Stefania Sepulcri, Ufficio Stampa e Comunicazione Sapienza Università di Roma (link)